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Prospettive

Veicoli senza conducente: la corsa per portarli su strada

Grazie ai progressi tecnologici degli ultimi due decenni, le auto senza conducente sono passate dalla fantascienza alla realtà. Di recente, Franklin Templeton Investments ha riunito un gruppo di professionisti per discutere della gara tra i fabbricanti di auto tradizionali e le società tecnologiche nella corsa per sviluppare vetture veramente autonome.

Ascoltate tutto il nostro podcast “Talking Markets”  e altre informazioni su quest’argomento

Ecco qualche punto saliente delle opinioni espresse dai protagonisti del podcast:

  • L’introduzione dell’evoluzione tecnologica e del cambiamento in corso sul fronte dell’autonomia ha abbassato le barriere all’ingresso, consentendo a nuovi operatori di entrare nel segmento dei veicoli autonomi.
  • La cybersicurezza è una questione di enorme importanza in tutto il mondo industriale. Vi sono innumerevoli vulnerabilità ed è un’area in cui Silicon Valley deve essere consapevole della necessità di collaborare con il governo.
  • Alcuni pensano che entro il 2020 avremo veicoli interamente autonomi, altri ritengono invece che ciò accadrà nel 2037. L’intero modello di business è in procinto di cambiare e non sappiamo con esattezza come e quando, ma i produttori di auto potrebbero avere bisogno di molta liquidità nei propri bilanci per approdare ai futuri nuovi modelli di mobilità, indipendentemente da quali essi siano.

Segue la trascrizione completa del podcast.

Conduttore/Richard Banks: Salve e benvenuti a Talking Markets di Franklin Templeton Investments: analisi esclusive e approfondite di Franklin Templeton.

Sono Richard Banks, il conduttore.

In questo episodio, riprendiamo la conversazione da un episodio precedente nel quale abbiamo parlato del futuro delle auto senza conducente e della corsa per portarle su strada.

Conduttore/Richard Banks: James Cross, Franklin Templeton, conduce la discussione con gli analisti Aleck Beach, Bobby Stevenson e Robert Rendler.

James: Penso che dovremmo partire dall’inizio. Quali sono i progressi oppure gli elementi che ci consentono di parlare di adozione di massa di una capacità autonoma?

Bobby: Penso che la prima cosa sia ovviamente la capacità di calcolo, giusto? 20 anni fa non esisteva la possibilità di elaborare la mole di dati che confluisce in queste vetture. Tali dati provengono da serie di sensori che 20 anni fa non esistevano affatto oppure esistevano in una forma non applicabile alle auto. Ora c’è questa specie di serie di sensori. Ci sono una telecamera, un sensore di telerilevamento o LIDAR [Light Detection and Ranging], un sensore radar e un sensore a ultrasuoni, quindi probabilmente i primi sono stati  i sensori a ultrasuoni. Si tratta del minuscolo sensore di parcheggio che comincia a suonare quando la propria vettura si avvicina troppo a qualcosa. Poi sono arrivate le telecamere, utilizzate inizialmente per controllare il freno d’emergenza della vettura o avvisare il conducente che deve fare una frenata d’emergenza. Il radar ha rappresentato una specie di applicazione iniziale di regolazione automatica della velocità (cd. cruise control) che regola la distanza tra il proprio veicolo e quello che lo precede su strada. Il LIDAR è relativamente nuovo ed è il sensore più costoso; oltre 50 società stanno cercando di ridurne il costo in modo da poterlo usare in un’applicazione automobilistica. Penso quindi che alla base vi sia il fatto che i sensori siano stati inventati, o siano diventati così efficaci in termini di costi da poter essere installati su una vettura, in combinazione con una capacità di calcolo che consente di elaborare tutti i dati raccolti.

Aleck: Forse è opportuno aggiungere i progressi effettuati a livello di mappatura. Non solo per usare la navigazione GPS sulla propria auto allo scopo di andare dal punto A al punto B, ma anche per conferire un certo livello di ridondanza alla capacità di guida autonoma, elaborando tutti i dati raccolti dai sensori in modo da aiutare la vettura ad amministrare la ridondanza della mappatura per acquisire una percezione del punto in cui si trova, di dove deve andare e prendere decisioni su come arrivare dal punto A al punto B. Si tratta quindi di qualcosa in più rispetto alla semplice navigazione; la mappatura è piuttosto una caratteristica decisamente fondamentale, che costituisce lo sviluppo più recente.

James: Robert, stessa domanda a proposito delle batterie. Perché non siamo ancora al punto di poter considerare l’adozione di massa dell’elettrificazione?

Robert: I progressi a livello di chimica delle batterie sono stati decisamente fenomenali. Mi spiego: se 10 anni fa ci fossimo trovati nella situazione di volere una batteria per l’attuale Tesla Model 3, i costi sarebbero stati proibitivi. Sapete che con il progresso di questo settore, i costi sono diminuiti e, da quanto ci viene detto, un veicolo elettrico è molto più adatto come vettura autonoma. Questo tipo di elementi contribuisce anch’esso al risultato finale.

James: Se guardiamo ad alcuni dati pubblicati recentemente del sondaggio del World Economic Forum, notiamo che gli Stati Uniti si trovano esattamente nella fascia intermedia, con il 52% degli intervistati che hanno dichiarato che sarebbero disposti, o molto disposti, a provare vetture elettriche.

James: Il Giappone è risultato uno dei meno propensi ad adottare tali veicoli, il che ci ha sorpreso perché il paese vanta una lunga storia nello sviluppo di tecnologia all’avanguardia, mentre l’India è risultata il paese più propenso in assoluto, con un 85% di risposte favorevoli.

James: Torniamo a noi. Quali dovrebbero essere le strategie degli OEM [Produttore di Apparecchiature Originali] automobilistici attuali, ora che pensiamo a elettrificazione, guida autonoma e condivisione dell’auto, o ride sharing? Come dovrebbero adeguare le loro strategie di allocazione del capitale in futuro?

Aleck: Dopo sette anni di espansione economica, tutti dobbiamo naturalmente ricordare che a un certo punto ci sarà una correzione, accompagnata da una flessione dell’industria automobilistica. Di conseguenza, se ripensiamo all’ultima esperienza in proposito, possiamo ricordare che gli OEM possono consumare capitali notevoli nelle fasi di mercato negative. Se guardiamo al 2007, nella fase immediatamente precedente la recessione, Ford deteneva liquidità per 35 miliardi di dollari statunitensi, GM [General Motors] per 27 miliardi e nei quattro anni successivi, ciascuna di esse bruciò circa 20 miliardi di dollari, il che fu piuttosto stupefacente e sollevò un certo clamore diffuso in tutti i mercati di capitali.

Howard: E nei bilanci attuali hanno soltanto 20-30 miliardi di dollari, giusto?

Aleck: GM ha liquidità per 17 [miliardi di dollari statunitensi] e Ford è in una posizione leggermente migliore, con circa 26 miliardi.

Bobby: Ci sono alcune cose su cui gli OEM dovrebbero riflettere. Non sono certo che lo stiano facendo. In un anno, Apple genera tanti flussi di cassa quanto GM e Ford insieme ne hanno a bilancio. Di conseguenza, se si pensa all’universo tecnologico che osserva queste enormi masse di utili esistenti nell’area dei trasporti, è l’ultimo posto al quale una società prossima a una capitalizzazione di mercato di 1 trilione di dollari statunitensi può pensare per fare la differenza. E così tutti vogliono partire all’attacco e nessuno sa come, ma hanno un volume di liquidità decisamente maggiore delle case automobilistiche per cercare di fare una mossa. Se esaminiamo la storia delle società industriali, notiamo che tradizionalmente in queste fasi del ciclo economico, quando generano flussi di cassa, tendono a riacquistare azioni proprie. In futuro ciò potrebbe essere un errore. Intendo dire che probabilmente ora è il momento di accumulare il maggiore volume di liquidità verosimilmente possibile, perché alcuni ritengono che nel 2020 avremo la guida autonoma. Altri pensano al 2037. Molti pensano che nel frattempo possono succedere molte cose e l’intero modello di business è in procinto di cambiare, ma non sappiamo con esattezza come e quando. Ma se si vuole essere competitivi contro le società tecnologiche, è meglio avere molta liquidità nei propri bilanci per approdare ai futuri nuovi modelli di mobilità, indipendentemente da quali essi siano.

Aleck: Tanto per fare un esempio in proposito, citiamo Mobileye, uno dei leader nelle piattaforme automotive autonome, acquisito da Intel per 15 miliardi di dollari statunitensi, una cifra che un OEM probabilmente non avrebbe potuto permettersi.

Bobby: In generale, il settore automobilistico deve pensare ad allacciare una collaborazione maggiore con il settore tecnologico rispetto a quanto ha probabilmente fatto in passato, riflettendo probabilmente sul fatto che cose quali miliardi di dollari di investimenti in motori a combustione interna non hanno più molto senso in un’ottica futura, soprattutto quando alla fine si arriva a un gruppo propulsore molto più semplice, a minore manutenzione, costi potenzialmente più bassi, destinato a diventare di uso comune nel lungo termine. Di conseguenza, probabilmente non serve fare gli investimenti che si facevano inizialmente e forse si dovrebbe pensare maggiormente a come supportare il proprio marchio all’interno della vettura — l’interfaccia uomo-macchina — e poi a come offrire altri servizi, quali ad esempio la gestione della flotta e cose del genere. Ecco probabilmente dove bisognerebbe investire, invece di sviluppare, ad esempio, il prossimo grande motore V8 per un pickup.

Robert: Vorrei aggiungere una cosa, e cioè l’evoluzione in corso sul piano normativo. Lo scorso anno, abbiamo visto paesi in Europa e in Asia accettare la sfida, mettendosi all’opera e definendo le tempistiche relative al passaggio ai motori elettrici per i veicoli di nuova produzione, fornendo scadenze piuttosto aggressive in proposito. Di conseguenza, se sei la Mercedes o la BMW e fai dei motori diesel o a benzina fenomenali, l’elettrificazione o la produzione di ottimi gruppi batteria per i veicoli non rientrano nel tuo campo. Penso che tutto ciò comincerà a forzare un certo coinvolgimento da parte degli OEM, che si sentiranno obbligati a fare più investimenti in tale area.

Aleck: È un punto particolarmente importante, qui, così come in Europa e in Cina. I regolamenti sulle emissioni stanno diventando sempre più rigidi. È noto che nel 2020, 2021, Europa e Cina mirano a conseguire miglioramenti del 20%-30% delle emissioni di anidride carbonica. Quindi benché il motore a combustione interna stia compiendo progressi e miglioramenti, ovviamente non potrà conseguire interamente l’obiettivo. Ed è questo che nel corso dell’ultimo anno ha indotto tutti gli OEM ad annunciare un enorme piano di elettrificazione dei loro interi portafogli di prodotti nei prossimi anni.

Bobby: Una conseguenza potenzialmente positiva per gli OEM è il modo in cui l’efficienza del consumo del carburante o gli standard delle emissioni sono strutturati oggi; parte del motivo per cui società come Ford e GM producono veicoli più piccoli ed efficienti in termini di consumo di carburante non è perché così guadagnano, ma perché in tal modo migliorano l’efficienza media del consumo di carburante della loro flotta. Di conseguenza, se adotti gruppi propulsori [trasmissioni] elettrici in tutta la flotta, arriverà il momento in cui in pratica tutti gli OEM dovranno costruire solo veicoli che per loro siano redditizi. Il settore potrebbe così diventare più efficiente e più redditizio qualora ogni OEM si specializzasse nella costruzione di vetture per le quali i consumatori sono disposti a pagare un prezzo che permetta all’OEM di realizzare un buon profitto. Ha perfettamente senso, vero? Tutti dovremmo specializzarci in ciò che sappiamo fare meglio. E in questo momento l’industria automobilistica è essenzialmente costretta a non specializzarsi solo nella vendita di prodotti che le consentano di realizzare un profitto.

James: Attualmente chi sono i veri concorrenti di GM, di Ford e di Toyota?

Aleck: Penso che l’introduzione delle evoluzioni tecnologiche e i cambiamenti in corso sul fronte dell’autonomia hanno abbassato le barriere all’ingresso, consentendo così a nuovi protagonisti di entrare in gioco. Vediamo quindi Google investire in società che producono chip e sono più impegnate nel fornire l’ intelligenza alla base di tutto questo. Ritengo pertanto senza alcun dubbio questo processo ampli sostanzialmente il panorama competitivo. E più osservo e rifletto su tale processo, più mi convinco della rilevanza del ruolo degli OEM nel campo automobilistico, e la corsa che vede tutti impegnati per arrivare ai veicoli autonomi nel 2021, se guardiamo allo sviluppo, è ancora molto aperta, come hanno dichiarato Ford e altri. Non sembra che ci sia effettivamente nessuno con un chiaro vantaggio che gli permetta di arrivare primo. Credo pertanto che si stiano affacciando sulla scena nuovi concorrenti, ma trattandosi di un panorama molto ampio dobbiamo stare attenti per vedere chi arriverà primo e chi riuscirà a definire come commercializzare e monetizzare questa tecnologia, una volta arrivato al traguardo.

James: Penso che indipendentemente da ciò che accade, il settore continuerà a stampare metallo per creare veicoli di trasporto di qualche genere. Di conseguenza, la specializzazione nello stampaggio è destinata ad esistere ancora; lo stampaggio è il processo con cui si modella una lamiera piatta fino ad assumere la forma della scocca dell’auto.

James: Entro il 2035, sempre facendo riferimento a questa relazione Jefferies che ho letto, passeremo dagli attuali 90 [milioni] a 134 milioni di nuove auto vendute. Secondo le stime di questo particolare analista, solo circa 30 milioni di queste auto saranno EV [veicoli elettrici] e soltanto 5 milioni saranno EV completamente autonomi. Stiamo pertanto parlando di appena un terzo o il 25% dei 135 milioni di auto producibili nel 2030. In definitiva, l’interrogativo è quindi quando, e non se, pensiamo di arrivare ad avere veicoli elettrici autonomi. La domanda per Robert è questa: per quanto riguarda l’adozione dell’elettrificazione, le società chimiche sono le chiare vincitrici sotto tutti gli aspetti grazie all’opportunità di crescita per le batterie?

Robert: Riteniamo che vi siano alcune opportunità piuttosto interessanti, ma se pensiamo all’attuale livello di penetrazione — la penetrazione degli EV nella flotta è inferiore all’1% — è possibile che nei prossimi 10 anni possa crescere di 10 volte? In teoria sì e ciò comincerebbe a mettere davvero un po’’ in difficoltà la catena di fornitura. Per quanto riguarda materiali come il litio e il cobalto, vi è una notevole preoccupazione da parte dei clienti che costruiscono stabilimenti giganteschi, gli OEM automobilistici, di assicurarsi effettivamente le forniture per i prossimi cinque o 10 anni. Per le materie prime, è allarmante pensare che le società richiedano impegni per volumi decennali, forniture a lungo termine di materiali come il litio che, alla fine dei conti, altro non è che una materia prima. Si tratta di un’area in cui a nostro avviso esistono opportunità d’investimento.

Se si scende ulteriormente lungo la catena di fornitura e si esaminano le società che realizzano componenti per batterie, che producono in pratica le celle, diventa un po’’ più difficile rilevare opportunità. Prendiamo per esempio BASF. È uno dei maggiori produttori di componenti per batterie EV, ma il suo obiettivo in tale segmento è raggiungere vendite per mezzo miliardo di dollari in cinque anni: e stiamo parlando di una società con ricavi per 75 miliardi di dollari statunitensi. Si tratta di un esempio estremo, ma nel caso particolare di società o investitori che guardano specificamente agli Stati Uniti, è difficile acquisire esposizione a tale catena di fornitura al di fuori di alcune materie prime come il litio.

Nel caso degli investitori in Asia, invece, non mancano alcune opportunità. Alcune sono costituite da pure play, altre sono società rinomate.

Robert: Parliamo quindi di società in Corea del Sud, in Giappone e alcune che stanno in pratica emergendo in Cina. E se ne analizziamo più a fondo i fornitori, notiamo che molte società sono in quella stessa parte del mondo. Direi però che anche in Europa vi sono società ben posizionate.

Per le società negli Stati Uniti, invece, non c’è in realtà nulla in termini di tale genere di scala. Tuttavia, sul fronte venture riteniamo che in effetti sia in corso un notevole sviluppo in termini di società impegnate a compiere progressi a livello di miglioramento della tecnologia e della densità di energia. Di conseguenza, da un punto di visto più startup, riteniamo che gli Stati Uniti saranno potenzialmente un leader in tale area.

James: Per quanto riguarda questo glorioso futuro degli EV autonomi, quali sono alcune potenziali conseguenze, rischi od opportunità non intenzionali, che gli investitori potrebbero non gradire o che la stampa popolare potrebbe non apprezzare o trascurare in questo momento?

Aleck: Credo che Uber abbia dichiarato di non volere necessariamente essere proprietaria della flotta e di volere essere invece la piattaforma che consente la connessione tra gli utenti e una flotta autonoma. Di conseguenza, chi è il proprietario di tale flotta e chi la gestisce? Penso che a questo punto non lo sappiamo, ma sotto certi aspetti mi appare come un vantaggio del quale gli OEM continueranno a godere in termini delle loro società finanziarie, che sono sempre state un componente della loro attività, finanziando gli acquisti al dettaglio.

Ma direi quasi, cosa ancora più importante, finanziando le scorte dei concessionari. Ritengo che è da questo che è nato questo modello di business, che consisteva nel rilevare il fabbisogno di capitale relativo al prezzo di acquisto del veicolo ed eliminarlo dal bilancio dell’OEM. Ed è proprio quello in realtà lo scopo della Fin Co. [società finanziaria], ossia fornire il finanziamento della flotta. Penso che sia un’area in cui hanno ovviamente maturato una grande esperienza e notevoli capacità, soprattutto se pensiamo agli asset e alla loro proprietà, al corrispondente ammortamento, nonché alla gestione del rischio del valore residuo e alla determinazione del prezzo del rischio del valore residuo. Penso che sia un elemento che possa tornare utile agli OEM ai fini della fornitura del finanziamento per tale flotta e teoricamente per avere la proprietà della flotta, se volessero.

James: È quello il paradosso per Uber: se si libera del conducente per ridurre i costi operativi, deve diventare proprietaria della flotta. E come definisce le dimensioni di tale flotta? Tutto il modello Uber si basa sulla reattività, sulla risposta immediata. Se emerge una maggiore domanda, si reperiscono altri conducenti, che guidano le proprie auto e portano i clienti a destinazione. È questa la differenza fondamentale rispetto alle flotte di taxi. Ottimizza per le ore di punta? Ottimizza per la parte centrale della giornata? Ottimizza nell’ottica dell’efficienza della liquidità?

Aleck: Nello scenario futuristico di una flotta di trasporto a chiamata (cd. ride-hailing) autonoma, di cui stiamo parlando, la flotta è costituita da molteplici asset di proprietà di qualcuno. Mi viene quindi in mente una domanda: l’effetto rete attuale di Uber e Lyft ha molto senso, ma in che modo ciò può cambiare e trasformarsi nel tempo portandoci a un contesto di flotta autonoma, di proprietà di qualcuno? E al momento sul fronte dell’offerta non vi è la necessità di gestire quest’offerta di conducenti e veicoli per soddisfare la domanda.

Bobby: Quando parliamo di utilizzo di veicoli autonomi in un contesto urbano, soprattutto nella funzione di condivisione del trasporto (cd. ride-sharing) e si ipotizzano scadenze tipo 2020, 2021, penso che se guardiamo alla sostanza dei fatti, si parli in effetti di gestire tali flotte in contesti urbani senza un conducente, ma connettendo sostanzialmente tutte le vetture in questione a un centro di controllo. E qualora un’auto abbia un problema, vi sarà essenzialmente qualcuno seduto dinanzi a un computer che potrà vedere cosa succede all’auto, assumerne il controllo e in qualche modo risolvere il problema. Di conseguenza, si pone una nuova domanda: ma tale auto è veramente autonoma? Credo che per la maggior parte del tempo lo sia, ma sottolineo che nell’uso quotidiano rimarranno dei casi estremi molto difficili da gestire.

James: Quali sono alcune altre aree di conseguenze, pericoli od opportunità non intenzionali?

Bobby: Vi sono molti interrogativi in merito a ciò che accade alle vendite di auto, soprattutto in contesti urbani o caratterizzati da elevata densità. Ritengo che tutti siano sostanzialmente concordi nel ritenere che, in contesti a minore densità, si continuerà probabilmente a vendere analogamente a quanto avviene oggi. Ma nei contesti urbani, in cui la gente sceglie di possedere un minor numero di auto, teoricamente la domanda potrà essere soddisfatta anche con un numero minore di concessionari. Riemerge quindi una serie di domande: una volta entrata in funzione questa flotta, di proprietà di una certa società, dove andranno le auto per caricarsi, per fare manutenzione, dove vengono gestite? Esiste pertanto un’area potenziale di convergenza nella quale i concessionari di auto possono integrare l’eventuale calo di vendite di nuove vetture. E come sapete, francamente ritengo che la maggior parte dei concessionari di auto possa affermare che vendere un’auto nuova è comunque la loro attività meno redditizia. Potremmo quindi assistere a un significativo cambiamento della redditività dei concessionari. Direi che anche le grandi società quotate in borsa che aprono a ripetizione concessionarie d’auto in tutto il paese, alla fine detengono una percentuale nella fascia bassa a una cifra del loro numero totale a livello nazionale. Di conseguenza, in teoria potrebbero esservi opportunità di ulteriore consolidamento in tale settore e di una conduzione dell’attività in modo molto più redditizio di quello attuale.

Bobby: Da questo possono sorgere altre domande. Se tutte le auto autonome funzionano perfettamente, cosa ne sarà del settore assicurativo? Cosa succederà all’industria delle assicurazioni se meno persone prendono la patente? Cosa accadrà ai valori degli immobili se in teoria vivere nei centri urbani diventa effettivamente più interessante, ma forse vivere nelle aree periferiche diventa meno interessante perché la gente paga questo premio per non abitare in città, pur restando abbastanza vicini per recarsi al lavoro oppure per uscire? Ma il valore degli agglomerati extraurbani potrebbe aumentare abbastanza dal momento che le persone saranno disposta a salire in auto e viaggiare per 45 minuti o un’ora per andare a cena fuori, o recarsi al lavoro, in quanto non saranno loro a guidare e potranno quindi impiegare tale tempo in modo produttivo.

James: Quando le società automobilistiche vogliono parlare di auto connessa e flotta connessa, penso alla cybersicurezza. Inoltre, se pensiamo alla gestione delle vetture a guida autonoma, sorge la questione del loro utilizzo come armi, o, essenzialmente, del terrorismo. Le vetture a guida autonoma saranno dotate di una serie di sensori al loro interno allo scopo di garantire cosa effettivamente contengano e dovranno essere in grado di rilevare composti organici volatili nonché radiazioni nucleari. Non è certo piacevole pensare a questi aspetti cupi, ma è così che va il mondo. Passiamo molto tempo in riunioni a [Washington] D.C. con vari importanti rappresentanti politici di Camera e Senato [degli Stati Uniti] e gli staff dei comitati pertinenti e sono proprio questi gli aspetti di cui si parla.

James: La cybersicurezza è una questione di enorme importanza in tutto il mondo industriale. Le vulnerabilità sono così numerose perché la base installata è quasi completamente analogica e il mondo industriale sta cercando di passare dall’analogico al digitale, al digitalizzato e interamente virtualizzato in molte aree. E così, ciascuna di tali fasi crea nuovi aspetti legati a sicurezza e vulnerabilità nei business model in questione.

Bobby: Si tratta di un’area in cui Silicon Valley deve dimostrare disponibilità a collaborare con Washington D.C. e ciò rimanda alla questione del “conducente”, che è un lavoro di estrema importanza in questo paese.

È molto difficile per gli organismi di regolamentazione ostacolare i progressi tecnologici se l’obiettivo dichiarato è mantenere lavori che la tecnologia cerca di soppiantare. È molto più facile se la cosa è posta come una questione di sicurezza. E così, Silicon Valley potrebbe teoricamente realizzare un’auto nel 2020. Silicon Valley potrebbe farcela e gli organismi di regolamentazione potrebbero tranquillamente dire “no”. Di conseguenza, è necessario rafforzare questa collaborazione tra un’area dell’universo tecnologico industriale e Silicon Valley e Washington D.C., indipendentemente dal fatto che Silicon Valley lo gradisca.

Bobby: Ed è questa una delle ragioni per cui noi [gli Stati Uniti] rischiamo di perdere la leadership in molti di questi campi, perché esistono certamente paesi e governi in altre parti del mondo più impegnati del nostro nel portare avanti questo processo. Come paese, dobbiamo pertanto esserne consapevoli, in quanto l’eventuale perdita della leadership su tali fronti commerciali potrebbe comportare la perdita del vantaggio tecnologico.

Conduttore/Richard Banks: Temo che abbiamo esaurito il tempo a disposizione per quest’episodio di Talking Markets with Franklin Templeton. Se desiderate avere maggiori informazioni sulle vetture autonome e sulla tecnologia che le guida, guardate il nostro precedente podcast sulle auto senza conducente. Lo potete trovare, insieme a una serie di conversazioni su svariati temi d’investimento, su iTunes, Google Play o qualunque altro fornitore primario di podcast.

Vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui illustreremo altre analisi elaborate dai nostri professionisti dell’investimento sul posto. Arrivederci.

 

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