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Politica monetaria in tutto il mondo
D: Negli Stati Uniti, abbiamo iniziato a vedere la Federal Reserve USA accelerare il percorso di normalizzazione dei tassi d’interesse, ma alcuni potrebbero sostenere che ciò stia impiegando più del previsto. Qual è il propulsore di questo processo e pensate che andando avanti il ritmo della politica possa cambiare?
Chris Molumphy: Riteniamo che la Fed sta impiegando sicuramente più tempo del previsto nella normalizzazione dei tassi e che i tempi sono più lunghi rispetto al passato. Se guardiamo all’ultimo ciclo d’irrigidimento (in effetti oltre un decennio fa), la Fed ha spostato il suo tasso d’interesse di breve periodo di riferimento dall’1% ad oltre il 5%, quindi con un movimento di oltre il 4% in circa due anni, alzandolo in ogni riunione.
Guardando all’attuale ciclo d’irrigidimento, la Fed ha iniziato ad alzare il suo tasso di riferimento un anno e mezzo fa ed oggi il rialzo è inferiore all’1%. La situazione è quindi notevolmente diversa.
In questo ciclo vi sono un paio di differenze. Una è il ritmo della crescita economica. Il prodotto interno lordo (PIL) statunitense è cresciuto ad un ritmo intorno al 2% annuo per la maggior parte del ciclo attuale e siamo all’ottavo anno nel ciclo di crescita. È un ritmo di crescita piuttosto basso e differente dal passato.
L’altra differenza è l’inflazione. L’inflazione ha ripreso a salire molto lentamente, anche con la disoccupazione attualmente al 4,3%, ed è molto bassa, essendo ancora a -2%, misurata con i parametri core.
Ciò che è interessante è che vi è una divergenza tra quello che la Fed dice di avere in programma di fare andando avanti e quello che farà in effetti, secondo quanto ritiene il mercato.
La Fed ha comunicato che inasprirebbe i tassi circa tre volte all’anno per vari anni. Nel frattempo, per quest’anno il mercato prevede un totale di due rialzi.
D: Pensando a livello globale, quali cambiamenti di politica delle banche centrali potremmo aspettarci nei mercati sviluppati fuori dagli Stati Uniti?
Michael Hasenstab: Quello che era un esperimento senza precedenti in termini di elargizione di liquidità è ora diventata una prassi alquanto normale nella maggior parte del mondo sviluppato.
Sono stato di recente in Giappone, un paese che ha affrontato problemi molto diversi da quelli degli Stati Uniti. Mentre l’economia statunitense ha iniziato a normalizzarsi negli anni successivi alla crisi finanziaria globale, il Giappone è ancora molto lontano dal farlo. Non può raggiungere il suo obiettivo d’inflazione, la crescita è ancora debole e le autorità hanno profuso nell’economia tutto lo stimolo monetario di cui potevano disporre.
Gli sforzi non sono completamente riusciti a spostare il Giappone dal punto morto in cui si trova da decenni.
La politica monetaria incredibilmente accomodante da sola non è riuscita a generare i risultati auspicati da alcuni politici. Penso che in Giappone il prossimo sviluppo (e ciò vale anche per gli Stati Uniti e per l’Europa) sia uno spostamento verso una politica fiscale, nonostante forti deficit in questi paesi.
In Europa, penso che finora l’Eurozona sia stata tenuta insieme da qualche sorta di disciplina fiscale e di norme fiscali. L’ondata di movimenti populisti in Europa oggi vorrebbe eliminarli ed è probabile che assisteremo ad una politica fiscale più aggressiva come integrazione di una politica monetaria già piuttosto accomodante. E gli Stati Uniti hanno già parlato di una politica fiscale più accomodante.
Penso che avere una politica monetaria molto aggressiva e coronarla con una politica fiscale molto aggressiva sia una ricetta piuttosto pericolosa. Penso che dobbiamo essere consapevoli che ci stiamo muovendo in un territorio inesplorato.
Valutare Opportunità e Rischi
D: Pensando alle azioni, quali opportunità e rischi ravvisate nei mercati sviluppati?
Stephen Dover: A livello globale, il contesto per le azioni al momento appare piuttosto positivo, una cosa che non vediamo da molto tempo. In tutto il mondo assistiamo ad una crescita del PIL e dei profitti societari. Gli Stati Uniti stanno crescendo e vediamo primi segnali di opportunità in Europa.
Il contesto sembra essere piuttosto positivo per le azioni in generale. Una preoccupazione che nutriamo è legata allo stimolo fiscale. Un’aspettativa di maggiore stimolo fiscale negli Stati Uniti certamente ha contribuito alla performance positiva di breve periodo del mercato.
Tuttavia, vediamo all’orizzonte alcuni problemi potenzialmente negativi di lungo periodo per le azioni, il che attesta il valore che a nostro avviso può apportare la gestione attiva.
Non credo che molti investitori in fondi indicizzati passivi si rendano conto dei potenziali rischi che stanno assumendo. Riteniamo di poter aggiungere valore cercando di diversificare meglio un portafoglio, per contribuire a ridurre questi rischi rispetto ad una strategia tradizionale del tipo indicizzato e ponderata a livello di capitalizzazione.[1]
D: Sembra vi siano molte potenziali ed interessanti opportunità d’investimenti nell’azionario e nell’obbligazionario. In una prospettiva multi-asset class, come si dovrebbe pensare all’asset allocation? Vi sono tendenze nelle correlazioni di asset o valutazioni relative di cui gli investitori dovrebbero tener conto?
Ed Perks: Una delle cose che stiamo riscontrando è che la dispersione tra mercati diversi all’interno della stessa asset class ed all’interno di determinati settori di un’asset class è stata piuttosto bassa, ma mostra qualche segnale iniziale di crescita.
Il rovescio della medaglia è che negli ultimi cinque anni le correlazioni sono state estremamente elevate in tutte le classi di asset ed all’interno di queste ultime cominciano ad evidenziare una tendenza al calo.
Riflettendo sugli ultimi cinque anni, pensiamo che il contesto sia stato di sostegno per gli investimenti passivi ma, per il futuro, pensiamo che la gestione attiva sarà cruciale per affrontare le incertezze che, come sappiamo, esistono.
Guardando attraverso le asset class, abbiamo visto un’enorme performance nelle azioni statunitensi. E se guardiamo più in generale in tutto il mondo odierno, la prospettiva fondamentale appare in miglioramento e si scorge un potenziale vantaggio in termini di valutazioni relative. Non direi che stiamo trovando opportunità negli Stati Uniti, ma è una gamma di opportunità in espansione. Penso che ciò sia oggi molto importante per l’asset allocation per molti investitori.
Mentre stiamo assistendo ad un adeguamento dei mercati obbligazionari in generale a tassi d’interesse potenzialmente più alti nel tempo, tale gamma di opportunità potrebbe ampliarsi anche per noi.
Nicchie di opportunità nei mercati emergenti
D: Passiamo a considerare i mercati emergenti. Lo scorso anno, abbiamo visto indubbiamente un piacevole rimbalzo nell’asset class complessiva. Andando avanti, ritenete probabile che l’andamento dei mercati emergenti resti robusto e di quali rischi dovrebbero essere consapevoli gli investitori?
Michael Hasenstab: I mercati emergenti per noi sono stati un’area entusiasmante. Mentre la Fed, la Banca Centrale Europea e la Bank of Japan hanno artificialmente abbassato i tassi d’interesse per un periodo prolungato, le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti, pur offrendo rendimenti molto più elevati, negli ultimi tre anni sono state tra le asset class meno amate.
Vi sono stati timori che tassi d’interesse statunitensi in crescita avrebbero innescato un esodo, quindi il capitale rimasto prima che la Fed iniziasse ad inasprire.
Tuttavia, questo ha creato opportunità incredibili in termini di valutazioni. Abbiamo visto i mercati in valuta locale a livelli che non vedevamo dai tempi della crisi finanziaria globale o della crisi finanziaria asiatica o della crisi del peso messicano (la crisi della tequila) intorno alla metà degli anni ‘90.
La domanda per noi è se i fondamentali siano effettivamente peggiori oggi in alcuni di questi paesi emergenti di quanto non lo fossero durante quei periodi di crisi del passato.
Abbiamo trascorso parecchi anni a visitare questi paesi per analizzare se la valutazione del mercato fosse o no corretta riguardo alla situazione.
In alcuni casi, concorderei sul fatto che il mercato aveva ragione. Vi sono alcuni mercati emergenti che pensiamo siano incredibilmente vulnerabili, ad esempio il Venezuela o la Turchia.
Ci piace essere contrarian, ma non lo saremo solo per il gusto di esserlo. Siamo rimasti lontani da una serie di paesi dove vediamo semplicemente un rischio eccessivo.
D’altro canto, riteniamo che altri mercati (inclusi India, Indonesia, Brasile, Argentina e Colombia) o siano in mezzo ad una enorme svolta da politiche populiste a politiche più ortodosse od abbiano fondamentali più sani di quanto indicherebbe il mercato.
Pensiamo vi siano buone opportunità con un approccio deliberato agli investimenti nei mercati emergenti.
Dobbiamo essere molto selettivi anche se significa essere un po’ più concentrati in particolari paesi.
D: Quali vedete come i temi d’investimento più interessanti nelle azioni dei mercati emergenti, considerando la volatilità di breve o medio periodo ed inoltre quali rischi potremmo riscontrare?
Stephen Dover: I mercati emergenti sono volatili. È semplicemente la storia dei mercati emergenti. Sono stati volatili in passato e lo saranno in futuro.
Tuttavia, è anche un motivo per cui vediamo molte opportunità nei mercati emergenti. La domanda è se si potrà essere remunerati su una base aggiustata per il rischio per tale volatilità. Negli ultimi tempi, abbiamo osservato picchi di volatilità in Qatar ed in Brasile.
Avendo molti anni di esperienza nei mercati emergenti, una cosa che ho appreso è quanto sono preparate alla volatilità le aziende ubicate nei mercati emergenti. Ecco perché pensiamo sia così importante essere sul campo e guardare realmente alle aziende stesse e vedere come riescono ad affrontare la volatilità nei loro paesi.
Dal mio punto di vista sul versante azionario, abbiamo di recente assistito ad una svolta nella crescita del PIL nella maggior parte di questi mercati emergenti (di nuovo con alcune considerevoli eccezioni) con una crescita degli utili.
I mercati emergenti hanno generalmente sottoperformato i mercati sviluppati negli ultimi anni ma, poiché vediamo un incremento nella crescita degli utili societari, pensiamo vi sia un’opportunità per un reale recupero con i mercati sviluppati. Lo abbiamo visto accadere dall’inizio dell’anno e ritengo probabile una continuazione di tale recupero.
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Quali sono i rischi?
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[1] La diversificazione non garantisce utili né protegge contro il rischio di perdite.