Questo contenuto è disponibile anche in: Inglese Tedesco Polacco
Come previsto, in occasione della riunione di dicembre la Federal Reserve (Fed) ha aumentato il tasso d’interesse di riferimento, (il tasso dei fed fund) di 25 punti base portandolo a un range dell’1,25%-1,5%.
Alla luce di un quadro economico ragionevolmente solido negli Stati Uniti, la mossa della Fed non è stata certo una sorpresa. La stima della Fed stessa prevedeva per quest’anno tre aumenti dei tassi d’interesse, ed è quello che ha fatto. Il mercato aveva dubitato del fatto che la Fed mettesse in pratica le sue intenzioni e per un certo periodo — soprattutto nel 2016 — ha avuto ragione. Ma l’andamento nel 2017 è stato sostanzialmente in linea con le proiezioni della Fed.
A mio giudizio, sono tre gli elementi chiave da rilevare.
- La Fed ha rivisto al rialzo la sua stima di crescita degli Stati Uniti per il 2018 al 2,5%, il che è significativo.
- Al contempo, le sue prospettive per l’inflazione sono rimaste invariate.
- Il percorso della normalizzazione dei tassi d’interesse continuerà prevedibilmente anche nel 2018.
Per quanto riguarda il futuro, la Fed ha ancora una volta previsto altri tre rialzi dei tassi nel 2018, come emerge dal suo ultimo “dot plot.” Il mercato continua a essere leggermente scettico in merito alla stima della Fed, ma sembra iniziare a cambiare opinione.
Vale ancora il concetto “più bassi più a lungo”
A nostro giudizio, i fondamentali statunitensi positivi indirizzeranno in effetti la Fed sul previsto percorso di aumenti dei tassi ragionevolmente moderati nel 2018, e sottolineiamo moderati. La Fed ha di recente abbassato il tasso terminale — ossia il tasso “neutrale” in corrispondenza del quale cesserà la stretta — collocandolo al 2,75%, rispetto al precedente obiettivo mediano del 3%.
È importante ricordare che gli Stati Uniti si trovano in un contesto di tassi d’interesse storicamente molto bassi e, francamente, tenere i tassi prossimi a zero per un periodo protratto non è davvero salutare. Siamo del parere che questo ciclo di stretta rappresenti in effetti una normalizzazione dei tassi.
Vorrei inoltre ricordare che, sebbene i tassi d’interesse di breve termine siano sotto il controllo della Fed, quelli di lungo termine sono dettati dai fondamentali. E anche i tassi di lungo termine sono bassi. I Treasury decennali sono prossimi ai livelli ai quali si trovavano all’inizio dell’anno e, alla luce dei fondamentali attuali, non ci attendiamo un loro deciso rialzo nel 2018.
Se valutiamo i tassi d’interesse globali nel loro insieme, emerge ancora più chiaramente che ci troviamo in un contesto di tassi bassi, nonostante l’ultimo intervento della Fed. In svariati mercati sviluppati i tassi d’interesse sono più bassi rispetto agli Stati Uniti e a livelli storicamente bassissimi. (vedere grafico sotto).
L’occupazione sembra solida. La ricchezza delle famiglie è aumentata. Le società sembrano godere di buona salute e la crescita di ricavi e redditività segnala prospettive generalmente costanti. I sentiment di consumatori e imprese hanno indicato una sensazione di ottimismo circa le prospettive economiche.
Indubbiamente, vi sono sempre fattori sconosciuti potenzialmente in grado di far scendere il mercato, inclusi i rischi geopolitici; in linea di massima, ci attendiamo però che continui il buon andamento generale degli asset finanziari.
Prospettive per il 2018: inflazione, politica monetaria e ciclo economico da tenere sotto controllo
Vi è una serie di aspetti fondamentali che a nostro giudizio si dimostreranno importanti nel determinare i risultati degli investimenti nel 2018. Il più importante è probabilmente l’inflazione, in quanto rappresenta un propulsore della politica della Fed, dei tassi d’interesse e di altre variabili chiave.
Sebbene un’inflazione core stabilmente elevata possa provocare aumenti dei tassi più rapidi del previsto, riteniamo che lo scenario più probabile sia quello di una modesta ripresa dell’inflazione, particolarmente l’anno prossimo. Crediamo che l’inflazione sia stata costantemente una conseguenza di parecchi fattori, in primo luogo globalizzazione e tecnologia. La globalizzazione ha reso disponibile un ampio bacino di manodopera che ha contribuito a bloccare la crescita dei salari in tutto il mondo. Al contempo, gli sviluppi della tecnologia si sono tradotti nell’automazione di vari compiti tradizionalmente manuali.
Oltre all’inflazione, è opportuno monitorare anche le misure della Fed per ridurre il proprio bilancio (anche se continua ad aumentare i tassi d’interesse di breve termine). È la prima volta che è stato provato un intervento di questa scala e i responsabili politici devono pertanto prestare attenzione a non provocare involontariamente una reazione avversa. Sebbene la Fed abbia appena iniziato questo processo di normalizzazione, la Banca Centrale Europea ha annunciato che continuerà ad acquistare asset per un periodo più lungo di quello originariamente previsto (seppure a un ritmo ridotto), mentre la Bank of Japan ha mantenuto invariato il proprio programma di allentamento quantitativo.
Ciò nonostante, riteniamo che la Fed e altre banche centrali abbiano fatto un lavoro ragionevolmente soddisfacente comunicando le loro intenzioni ai partecipanti al mercato, pur prendendo atto che sono ancora nelle fasi iniziali di quella che si prospetta come una lunga campagna. Per queste ragioni, ribadiamo che benché i tassi d’interesse siano destinati a salire, crediamo che tali aumenti avverranno con ogni probabilità a un ritmo generalmente misurato, per un lungo periodo di tempo.
Siamo inoltre consapevoli della maturazione dell’attuale ciclo economico, di cui una caratteristica rilevante è l’assenza degli eccessi che normalmente contraddistinguono la fase finale. Per esempio, agli attuali livelli di disoccupazione ci aspetteremmo un grado d’inflazione negli Stati Uniti più elevato, oppure livelli di leva finanziaria societaria alquanto più consistenti, interpretabili come le prime indicazioni di eccessi.
Nel complesso, siamo ragionevolmente ottimisti circa il fatto che questo quadro possa rimanere intatto il prossimo anno. Al tempo stesso, non possiamo ignorare l’enorme volume di liquidità iniettata nel sistema finanziario globale durante l’ultimo decennio, né la convinzione di molti partecipanti al mercato secondo la quale, in base a numerosi parametri tradizionali, negli ultimi mesi del 2017 i mercati obbligazionari siano apparsi pienamente valutati.
Note Informative e Legali
I commenti, le opinioni e le analisi rappresentano i pareri personali dei gestori degli investimenti ed hanno finalità puramente informative e d’interesse generale e non devono essere considerati come una consulenza individuale in materia di investimenti né come una raccomandazione o sollecitazione ad acquistare, vendere o detenere un titolo o ad adottare qualsiasi strategia di investimento. Non costituiscono una consulenza legale o fiscale. Le informazioni fornite in questo materiale sono rese alla data di pubblicazione, sono soggette a modifiche senza preavviso e non devono essere intese come un’analisi completa di tutti i fatti rilevanti relativi ad un paese, una regione, un mercato od un investimento.
Nella redazione di questo materiale potrebbero essere stati utilizzati dati provenienti da fonti esterne che non sono stati controllati, validati o verificati in modo indipendente da Franklin Templeton Investments (“FTI”). FTI non si assume alcuna responsabilità in ordine a perdite derivanti dall’uso di queste informazioni e la considerazione dei commenti, delle opinioni e delle analisi in questo materiale è a sola discrezione dell’utente. Prodotti, servizi ed informazioni potrebbero non essere disponibili in tutte le giurisdizioni e sono offerti da società affiliate di FTI e/o dai rispettivi distributori come consentito dalle leggi e normative locali. Si invita a rivolgersi al proprio consulente professionale per ulteriori informazioni sulla disponibilità di prodotti e servizi nella propria giurisdizione.
Quali sono i rischi?
Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale. Il valore degli investimenti può subire rialzi e ribassi; di conseguenza, gli investitori potrebbero non recuperare l’intero ammontare del proprio investimento. Gli investimenti esteri comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, instabilità economica e sviluppi politici. Gli investimenti nei mercati emergenti, un segmento dei quali è costituito dai mercati di frontiera, implicano rischi più accentuati connessi con gli stessi fattori, oltre a quelli associati alle dimensioni minori dei mercati in questione, ai volumi inferiori di liquidità ed alla mancanza di strutture legali, politiche, economiche e sociali consolidate a supporto dei mercati mobiliari. I rischi associati ai mercati emergenti sono generalmente amplificati nei mercati di frontiera poiché gli elementi summenzionati (oltre a vari fattori quali la maggiore probabilità di estrema volatilità dei prezzi, illiquidità, barriere commerciali e controlli dei cambi) sono di norma meno sviluppati nei mercati di frontiera. I prezzi delle azioni subiscono rialzi e ribassi, talvolta estremamente rapidi e marcati, a causa di fattori che riguardano singole società, particolari industrie o settori o condizioni di mercato generali. I prezzi delle obbligazioni si muovono di norma in direzione opposta a quella dei tassi d’interesse. Di conseguenza, a mano a mano che i prezzi delle obbligazioni detenute in un portafoglio d’investimento si adeguano ad un aumento dei tassi d’interesse, il valore del portafoglio può diminuire.
CFA® e Chartered Financial Analyst® sono marchi di proprietà del CFA Institute.