Beyond Bulls & Bears

Alternativi

Prospettive per le strategie alternative per il secondo trimestre: K2 Advisors

Nelle loro prospettive per il secondo trimestre (Q2) 2018, i team Research and Portfolio Construction di K2 Advisors illustrano le loro riflessioni sul perché gli investitori non dovrebbero avere paura del ritorno della volatilità di mercato e come quest’ultima potrebbe creare opportunità per i gestori attivi. Riteniamo che offrire queste analisi aiuti gli investitori a comprendere meglio la logica di tenere in portafoglio fondi comuni che investono in strategie alternative.

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Non avere paura dell’indice della paura

Alla fine delle scorso anno, abbiamo accennato alla possibilità che nel momento in cui l’enorme marea della liquidità iniettata nei mercati dopo il 2008 inizia a ritirarsi, emerga un’ondata di volatilità. Quell’ondata sembra essere arrivata.

Nel primo trimestre dell’anno, la volatilità di mercato, misurata dall’indice VIX (il cosiddetto “indice della paura”), è aumentata dell’80%. L’indice S&P 500 e il Dow Jones Industrial Average hanno entrambi subito una flessione nel corso del trimestre, mentre l’indice Nasdaq Composite ha messo a segno un modesto guadagno, sostanzialmente sulla scia del marcato rialzo a gennaio. Nove degli 11 settori rappresentati nell’indice S&P 500 sono scesi.

I cali più marcati sono stati subiti da servizi di telecomunicazioni, beni di prima necessità ed energia. Informatica e beni voluttuari si sono mossi in controtendenza, riportando un andamento positivo, nonostante una flessione generale a marzo. Il trimestre negativo per l’indice S&P 500 ha interrotto una serie di nove trimestri positivi, la più lunga da 20 anni. Inoltre, tutto ciò è accaduto dopo nove anni di rialzo di mercato (iniziati il 9 marzo 2009) negli Stati Uniti e 10 anni dal salvataggio di Bear Stearns.

Ora cosa succederà? Dal nostro punto di vista, un’inversione dai livelli bassi senza precedenti di volatilità era da prevedersi, forse addirittura attesa. Sotto certi aspetti, rispecchia il ritorno di un comportamento di mercato più normale. Riteniamo che si tratti di un’evoluzione positiva.

Come abbiamo osservato in precedenti commenti, i livelli storici di allentamento quantitativo seguiti alla crisi finanziaria globale, ossia l’espansione del bilancio della Fed da circa 900 miliardi di dollari statunitensi agli attuali quasi 4,5 trilioni di dollari, hanno rappresentato una delle forze dominanti nei mercati dello scorso decennio. A nostro avviso, hanno causato distorsione dei prezzi, soppressione della volatilità e calo dell’attenzione ai fondamentali societari.

Oltre al fatto che i rendimenti sono scesi ai minimi storici e i mercati azionari sono saliti a massimi assoluti, molti investitori si sono spostati verso asset più rischiosi, mentre il costo del capitale è stato mantenuto artificialmente basso. Se da un lato in tale contesto l’investimento passivo ha trovato terreno fertile, dall’altro si può affermare che la gestione attiva e i fondi alternative si sono mossi con difficoltà. A mano a mano che questa era di stimoli monetari quantitativi si avvia lentamente alla conclusione, riteniamo che emergerà un migliore contesto per la gestione attiva.

Il minore supporto delle banche centrali dovrebbe rendere i titoli più reattivi ai fattori idiosincratici. Secondo il consenso, una politica monetaria meno accomodante si tradurrà in una maggiore sensibilità dei prezzi in rapporto ai fondamentali delle singole società, che a sua volta potrebbe ridurre le correlazioni pair-wise. Qualora ciò accadesse, a nostro parere dovrebbe emergere anche una maggiore dispersione settoriale, nel cui contesto i gestori sarebbero più propensi a identificare potenziali vincitori e vinti. Di conseguenza, riteniamo che nei restanti mesi del 2018 l’ambiente possa rimanere favorevole[1] alla ricerca di alfa.

Discretionary Macro

Le nostre prospettive per la strategia discretionary macro continuano a migliorare. Il maggior attivismo delle banche centrali e le divergenze politiche, in combinazione con l’incertezza politica nelle principali economie, hanno contribuito a un aumento della volatilità in tutte le asset class primarie. L’aumento, seppure modesto, è comunque indicativo di maggiore incertezza e opportunità di acquisto potenzialmente migliori per i gestori in grado di negoziare su tutte le asset class (in particolare reddito fisso e valute, che sono stati tradizionalmente un’area centrale di attenzione per i gestori discrezionali).

Long/Short Equity – Europa

Il quadro di opportunità in Europa rimane favorevole per i gestori long/short equity. Le azioni europee continuano a essere scambiate al di sotto della loro valutazione storica media rispetto agli Stati Uniti, dove a nostro avviso sono pienamente valutate. Le stime degli utili a termine nell’Eurozona sono a livelli ampiamente inferiori ai precedenti massimi, lasciando ampio spazio per un’ulteriore ripresa. Per contro, gli utili a termine statunitensi sono decisamente superiori ai massimi del 2008.

La crescita economica europea dovrebbe continuare a migliorare con bassi tassi, ripresa dei prestiti bancari e forte espansione esterna. Crediamo che i timori di catastrofe successivi alla decisione Brexit comincino ad attenuarsi, in quanto la questione sembra avviarsi verso un esito amichevole sia per l’Europa che per il Regno Unito. Inoltre, l’Europa sembra posizionarsi a fianco dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump al tavolo negoziale, e questo la colloca in una posizione migliore in rapporto a Cina o Giappone in termini di interventi dell’amministrazione sul fronte dei dazi.

Il contesto alfa appare a sua volta forte, con maggiore dispersione e minori correlazioni,[2] a fronte dell’impatto di vari sviluppi macroeconomici regionali, riunioni della BCE ed elezioni.

Relative Value – Obbligazionario

Mentre i tassi d’interesse cominciano finalmente ad aumentare, il rischio di duration[3] si porta al centro dell’attenzione degli investitori obbligazionari. I gestori relative value obbligazionari come i gestori long/short credit sembrano ben posizionati, alla luce della duration inferiore dei loro portafogli e dovrebbero a nostro avviso riuscire a generare alfa grazie alla crescente dispersione settoriale.

I percorsi divergenti delle banche centrali delle maggiori economie globali sono destinati a offrire migliori opportunità direzionali. La partecipazione di acquirenti e venditori direzionali di obbligazioni dovrebbe tradursi in maggiori inefficienze di mercato tra liquidità, obbligazioni e futures, favorendo in misura minore la negoziazione relative value direzionale. La strategia è ancora soggetta a maggiori rischi di leva e funding, che giustificano un approccio prudente.

Note Informative e Legali

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Quali sono i rischi?        

Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale. Il valore degli investimenti può subire rialzi e ribassi; di conseguenza, gli investitori potrebbero non recuperare l’intero ammontare del proprio investimento. Gli investimenti esteri comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, instabilità economica e sviluppi politici. Gli investimenti nei mercati emergenti, un segmento dei quali è costituito dai mercati di frontiera, implicano rischi più accentuati connessi con gli stessi fattori, oltre a quelli associati alle dimensioni minori dei mercati in questione, ai volumi inferiori di liquidità ed alla mancanza di strutture legali, politiche, economiche e sociali consolidate a supporto dei mercati mobiliari. I rischi associati ai mercati emergenti sono generalmente amplificati nei mercati di frontiera poiché gli elementi summenzionati (oltre a vari fattori quali la maggiore probabilità di estrema volatilità dei prezzi, illiquidità, barriere commerciali e controlli dei cambi) sono di norma meno sviluppati nei mercati di frontiera. I prezzi delle azioni subiscono rialzi e ribassi, talvolta estremamente rapidi e marcati, a causa di fattori che riguardano singole società, particolari industrie o settori o condizioni di mercato generali. I prezzi delle obbligazioni si muovono di norma in direzione opposta a quella dei tassi d’interesse. Di conseguenza, a mano a mano che i prezzi delle obbligazioni detenute in un portafoglio d’investimento si adeguano ad un aumento dei tassi d’interesse, il valore del portafoglio può diminuire.

[1] L’alfa esprime la differenza tra i rendimenti effettivi e attesi di un fondo a fronte del relativo livello di rischio misurato da beta. Un alfa positivo indica che il fondo ha performato meglio di quanto facesse prevedere il relativo beta. Un alfa negativo indica invece la sottoperformance di un fondo rispetto alle attese generate dal beta. Alcuni investitori considerano l’alfa un parametro che misura il valore aggiunto o sottratto dal gestore di un fondo.

[2] La correlazione rappresenta la relazione lineare tra due serie di rendimenti. La correlazione esprime la forza della relazione tra due serie di rendimenti. Maggiore è il valore della relazione, più simili sono i rendimenti.

[3] La duration rappresenta un parametro di misurazione della sensitività del prezzo (il valore del capitale) di un investimento a reddito fisso alla variazione dei tassi di interesse. La duration è espressa in numero di anni.