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Prospettive

Opportunità del fintech: come trarre profitto dal segmento dei servizi pensionistici e finanziari

Le innovazioni tecnologiche hanno finito col permeare ogni aspetto della nostra vita, incluso il modo in cui risparmiamo e investiamo. Jenny Johnson, Franklin Templeton Investments President & Chief Operating Officer Jenny Johnson ed Ed Murphy, Empower Retirement President & Chief Executive Officer, discutono dell’impatto delle nuove tecnologie sul settore dei servizi finanziari, soprattutto nelle aree della gestione patrimoniale e della pianificazione pensionistica.

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Le innovazioni tecnologiche hanno finito col permeare ogni aspetto della nostra vita, incluso il modo in cui risparmiamo e investiamo. Jenny Johnson, Franklin Templeton Investments President & Chief Operating Officer Jenny Johnson ed Ed Murphy, Empower Retirement President & Chief Executive Officer, discutono dell’impatto delle nuove tecnologie sul settore dei servizi finanziari, soprattutto nelle aree della gestione patrimoniale e della pianificazione pensionistica.

Ecco qualche punto saliente delle opinioni espresse nel podcast:

  • Ed Murphy a proposito dell’innovazione fintech: Per noi la tecnologia è essenziale, perché vogliamo liberarci dei compiti noiosi e fare in modo che il capitale umano altamente specializzato e ben retribuito si possa dedicare meglio all’interazione con il cliente.
  • Jenny Johnson a proposito dell’intelligenza artificiale: L’AI in sostanza consiste nel dimostrare o smentire un’ipotesi. Toccherà a gestori attivi decidere se seguire una determinata impressione sia corretta. A mio giudizio, si tratta di un’importante area di crescita.
  • Ed Murphy a proposito della cultura dell’innovazione: Bisogna lasciare spazi all’assunzione di rischio e alla sperimentazione. Le persone devono sapere che, se hanno un’idea e hanno l’opportunità di metterla alla prova e l’idea non funziona, non saranno penalizzate per il fallimento.
  • Jenny Johnson a proposito della tecnologia: La tecnologia fa parte della nostra vita quotidiana. Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale. Se non si pensa a come cavalcare l’onda, potrebbe essere percepita come una minaccia. Ma ci offre anche un’opportunità davvero interessante per servire i nostri clienti a un livello che non siamo mai riusciti a raggiungere prima.

Segue una trascrizione del podcast.

Conduttore/Richard Banks: Buongiorno e benvenuti a Talking Markets di Franklin Templeton Investments: analisi esclusive e approfondite di Franklin Templeton.

Sono Richard Banks, il conduttore.

In questo episodio, esamineremo l’impatto delle nuove tecnologie sui servizi pensionistici e finanziari.

Conduttore/Richard Banks: Ed Murphy, President & Chief Executive Officer di Empower Retirement, spiega perché la tecnofinanza, il cosiddetto fintech, è una grande opportunità e perché alla fine saranno i clienti a beneficiarne.

Conduttore/Richard Banks: Ed e Jenny discutono con Scott Parker, Principal di Deloitte Consulting, che si concentra sui segmenti pensionistici e di gestione patrimoniale del settore dei servizi finanziari. Ascoltiamo il loro colloquio.

Scott Parker: Jenny, comincio da te. Secondo te, su quali aree del settore dei servizi finanziari il fintech esercita gli impatti maggiori?

Jenny Johnson:  Ogni aspetto della nostra attività: come gestiamo il denaro, come troviamo clienti, come li supportiamo, come gestiamo alcuni aspetti del back office. Intendo dire che tutti questi aspetti sono rivoluzionati. Quali sono le tecnologie? La caratteristica dell’innovazione tecnologica è che se si guarda alla storia delle principali innovazioni tecnologiche, dalla stampa all’elettricità, si nota che la prima conseguenza (e letteralmente, nel caso delle macchina di stampa, è stato fatto per 100 anni) è che le persone accelerano semplicemente quello che fanno già. Una volta, come sappiamo, si scriveva a mano, solitamente testi religiosi, e per 100 anni tutto ciò che in pratica hanno fatto le macchine da stampa è stato ristampare quei manoscritti in modo da consentirne una maggiore diffusione. C’è voluto un po’ di tempo prima che qualcuno dicesse “potremmo usare questa cosa in modo diverso, per titoli di proprietà o volantini informativi”. Di conseguenza, che vi piaccia o no, siamo ancora in una fase di semplice accelerazione dei processi attuali.

Ed è veramente importante, perché lo pensiamo tutti. Vi è una totale compressione sulle commissioni. È meglio quindi essere più efficienti in quello che facciamo. Per ogni impresa, la robotica è un processo in atto. La questione oggi è fare tutto con maggiore efficienza. Penso che sul fronte della consulenza e dei servizi ai clienti la consulenza robotizzata non sostituisca il consulente finanziario.

Pensiamo a cosa è successo con l’arrivo di Turbo Tax: tutti dicevano che avrebbe completamente eliminato i commercialisti. Ma chi sono ora i maggiori utenti di Turbo Tax? I commercialisti. Pensiamo a come funziona Franklin Templeton: abbiamo clienti in 170 paesi e sedi in 35 nazioni. In pratica funziona la regola 80/20: l’80% delle persone vuole una consulenza, il 20% vuole procedere direttamente. E francamente, non cambia davvero tanto, indipendentemente da dove si guardi. Riteniamo pertanto che in pratica non si tratti di altro che consentire una maggiore personalizzazione della consulenza, usando sia la tecnologia che la capacità di avere le interazioni personali che hanno aiutato a capire realmente le esigenze del cliente, a un livello che oggi probabilmente i consulenti non avrebbero avuto la capacità di raggiungere. Pensiamo quindi che sia questo l’aspetto molto importante sul piano della consulenza. Per quanto riguarda i processi di gestione degli investimenti, li classificherò in tre aree fondamentali. Quelli passivi, come sappiamo, sono una sorta di strumento passivo basato su una sola regola. Poi ci sono quelle che alcuni definiscono soluzioni smart beta. Infine c’è la vera gestione attiva. Se pensiamo alla situazione attuale, AI [intelligenza artificiale] e big data si sono dimostrati enormemente preziosi nel segmento quant/smart beta, vero? Di conseguenza, sono stati applicati in misura decisamente maggiore in tale segmento e, sul fronte della vera gestione attiva, stiamo veramente appena iniziando a scalfire la superficie.

L’interrogativo-chiave reale sulla scienza dei dati è: quale fonte primaria esclusiva di dati possediamo? In secondo luogo, come applichiamo questo algoritmo per riuscire ad acquisire analisi storicamente diverse dalle altre? Una volta, ognuno poteva accedere in qualche modo a Thompson Reuters, Bloomberg, ottenendo modelli e quindi modificandoli sulla base delle proprie opinioni. Quello che dobbiamo chiederci ora, è: quali fonti primarie di dati dobbiamo avere per riuscire ad approdare ad analisi che altri non hanno? E quanto tempo servirà agli altri per raggiungerci?

Un’ultima cosa: molti pensano che come nel caso del deus ex-machina, si arriverà a un genere di AI molto riflessivo. La realtà è che in sostanza l’AI consiste nel dimostrare o smentire un’ipotesi. Di conseguenza oggi toccherà a gestori attivi dotati d’istinto e in grado di dimostrare o smentire decidere se una determinata impressione sia corretta. Penso pertanto che si tratti di un’importante area di crescita.

Scott Parker: Sì, assolutamente. Ed, per quel che riguarda gli operatori in campo pensionistico, pensi che si possa parlare di evoluzione del mercato o di rivoluzione fintech?

Ed Murphy: Penso che probabilmente si tratti un po’ di entrambi. A mio giudizio, alcune società rappresentano operatori maggiormente propensi all’evoluzione, nel senso che di solito individuano un aspetto della catena di valore e cercano di migliorarlo, o in alcuni casi anche di rivoluzionarlo. Ritengo quindi che si tratti di una natura più evolutiva. Sul fronte rivoluzionario, penso che vi siano elementi, in ambito legislativo o regolamentare, che potrebbero dimostrarsi rivoluzionari e creare opportunità notevoli per il settore.

Scott Parker: Jenny, prova un po’ a spiegarci la prospettiva di Franklin Templeton o il vostro approccio per rapportarvi con l’ecosistema degli operatori e pensare a come riuscire a sfruttare alcuni degli elementi che stanno sviluppando.

Jenny Johnson:  Abbiamo un approccio triplice alla valutazione del fintech. In primo luogo, come hai ricordato a proposito della scienza dei dati, a livello di team d’investimento dobbiamo sostanzialmente individuare quali sono le fonti primarie di cui disponiamo, a differenza dei nostri concorrenti. Pensiamo che essere presenti in aree che rappresentano l’86% del PIL [prodotto interno lordo] mondiale rappresenti per noi un vantaggio, in termini di acquisizione di dati.

Abbiamo pertanto creato un gruppo centralizzato di data science, responsabile dei dati e in grado di ricercare e acquisire fonti di dati. Si tratta comunque di un modello a raggiera, vale a dire che all’interno del team d’investimento vi è un data scientist che si rapporta con gli analisti di ricerca per cercare di capire quali idee hanno e quali siano a loro giudizio gli spunti di riflessione. Per esempio, in India abbiamo una divisione locale di gestione patrimoniale e il team azionario responsabile dell’analisi del settore dei trasporti stava cercando di capire se in effetti il traffico degli aeroporti, essendo in via di privatizzazione, stesse aumentando o no. E, al momento di confrontare un aeroporto con gli altri, si sono resi conto che non esistevano informazioni effettive in merito. Hanno così costruito un modello che consentiva agli analisti degli investimenti, in collaborazione con i data scientist, di individuare fonti di dati utilizzabili per riuscire a elaborare un modello che consentisse di prevedere i flussi negli aeroporti. È quello il genere di conversazione tra data scientist e team d’investimento che a nostro giudizio è assolutamente essenziale. E così lo applichiamo al fronte degli investimenti.

In secondo luogo, abbiamo istituito un fondo d’investimento strategico, che serve solo a investire in alcune di queste startup maggiormente orientate verso le tecnologie che a nostro avviso potrebbero dimostrarsi rivoluzionarie. Possiamo così avere una sorta di primo piano della situazione. In questo caso il rendimento dell’investimento non è molto importante. Non stiamo cercando il prossimo grande investimento tipo Google. Intendiamo assicurarci di aver capito come tale rivoluzione comincia a innestarsi nella nostra attività. E scegliendo aree come blockchain, elaborazione del linguaggio naturale, robotica, individuiamo startup in cui poter investire. Siamo del parere che l’inserimento di un consulente del nostro team nell’azienda in questione ci dia una buona opportunità per osservare la situazione. Se guardiamo a molte società tecnologiche esistenti, come Microsoft, notiamo che la maggior parte dello sviluppo non è avvenuto all’interno, ma viene acquisito esternamente. Anche le aziende farmaceutiche attingono a fonti esterne. E poi la cosa più difficile in una divisione tecnologica operativa è introdurre qualsiasi cambiamento del software.

Qualunque attuazione pratica richiede probabilmente il doppio del tempo. Un imprenditore, invece, non ha mai a che fare con questioni di questo tipo. In pratica, come mi è stato detto una volta, “se gli imprenditori dovessero effettivamente seguire tutte le procedure delle divisioni tecnologiche, sul mercato non arriverebbe mai nulla di nuovo”. Abbiamo quindi organizzato un gruppo a se stante di addetti allo sviluppo che creano quelle che a nostro avviso sono applicazioni di natura rapidamente sperimentabile, che hanno una filosofia molto più imprenditoriale, anziché incorporare il tutto nel processo, per cercare così di accelerare parte della nostra innovazione internamente.

Ed Murphy: Direi che stiamo facendo qualcosa di simile a ciò che ha ricordato Jenny, in termini di creare aree di innovazione nella società, in cui adottiamo decisamente un duplice approccio. Aggiungerei un’altra cosa che abbiamo fatto, cioè che in realtà abbiamo rafforzato le nostre iniziative di sviluppo commerciale in un modo che soltanto un paio di anni fa ancora non esisteva. Esaminiamo così tecnologie emergenti, siamo proattivi, analizziamo e valutiamo tali tecnologie per vedere se siano potenzialmente in grado di esserci utili. Torniamo così al punto di cui si è parlato prima. Si tratta più di migliorare la proposta di valore e fornire un maggior grado di esperienza end-to-end. La terza cosa che vorrei ricordare è questa: se guardiamo a una società come Empower, con 38.000 sponsor e nove milioni di partecipanti, e individuiamo una possibilità di collaborazione con una società fintech o una startup, in molti casi abbiamo l’opportunità di fare qualcosa di buono. In pratica, ciò che a loro manca, ma che abbiamo noi, è la distribuzione. E per quella, vogliamo essere pagati. Acquisiremo pertanto una partecipazione nella società oppure dei warrant, ma sono questi i tipi di operazioni che conduciamo. Per quel che ci riguarda, penso che preferiamo la soluzione della collaborazione, in quanto ci consente di arrivare più velocemente sul mercato e, a conti fatti, si tratta in realtà di mettere tutto questo insieme, senza soluzione di continuità, con eleganza, azione e ottenendo dei risultati, giusto? Perché è questo l’aspetto difficile, non è vero?

Scott Parker: Ed, visto che collabori con queste società, ti chiediamo che cosa ha funzionato, che cosa no e come riesci a far sì che la tua enorme organizzazione non prevarichi, soffocando queste aziende startup fintech di tipo innovativo?

Ed Murphy: Bene. Parliamo di un paio di aspetti. In primo luogo penso che bisogna liberare le capacità. Le persone devono accantonare il loro lavoro di routine per concentrarsi effettivamente sulla collaborazione con quel determinato partner, facendo progredire un dato prodotto o servizio in modo da portarlo rapidamente sul mercato. L’altro aspetto difficile è che, sul piano della collaborazione, vogliamo essere certi che vi sia una condivisione degli obiettivi che vogliamo raggiungere. E molto spesso ci si rende conto di avere probabilmente un partner, o potenziale partner, che ha un ottimo prodotto o servizio, ma sta cercando una via di uscita.

Presentiamo così un prodotto o servizio, e solitamente abbiamo una soluzione white-label per tutto, ma lo presentiamo ai nostri clienti e poi dopo sei mesi o un anno di percorso comune, ognuno deve andare per la propria strada. Si tratta quindi di un processo di due diligence completo, che riguarda non solo gli aspetti tecnologici, ma anche comprendere quali delle loro intenzioni di lungo termine siano davvero importanti per noi, prima di finalizzare l’operazione con il partner. Direi comunque che, internamente, si richiama sostanzialmente a quanto osservato da Jenny, e cioè che bisogna lasciare spazi all’assunzione del rischio e alla sperimentazione. E le persone devono sapere che, se hanno un’idea e hanno l’opportunità di metterla alla prova e l’idea non funziona, non saranno penalizzate per un mancato successo. È pertanto un processo culturale. E per quel che ci riguarda ci stiamo ancora lavorando, non abbiamo ancora tagliato il traguardo, ma stiamo perseguendo attivamente tale obiettivo.

Scott Parker: A che punto siamo a livello di adozione di alcune capacità robotiche e quanta strada dobbiamo ancora fare per accrescere le efficienze e ottimizzare le tecnologie?

Jenny Johnson: In India abbiamo una divisione locale di gestione patrimoniale nella quale tutti questi processi robotici sono stati messi in pratica. Penso tuttavia che il settore debba ancora fare una lunga strada sul fronte dell’efficienza, eliminando certi compiti molto basilari.

Scott Parker:  Bene. Ed, cosa ci dici in riferimento specifico ai servizi pensionistici?

Ed Murphy: Abbiamo un programma di robotica piuttosto attivo e, sotto alcuni aspetti, i costi di servizio continuano ad aumentare. Il nostro team per la sicurezza dei dati informatici è passato da 7 a 53 persone in tre anni. Ora posso distribuire tali costi tra 9 milioni di partecipanti, ma immagina se dovessi fare questo genere di investimento in capitale umano su scala ridotta! È tutto un altro discorso se parliamo della direzione verso cui sta andando questo settore. Sicuramente ci sarà una profonda rivoluzione. Direi comunque che la robotica per noi è essenziale perché il nostro obiettivo è liberare il capitale umano altamente specializzato e ben retribuito dai compiti di routine e farlo convergere sul cliente. Un esempio può essere l’elaborazione degli assegni restituiti. Non è un lavoro molto divertente, ma avevamo persone che se ne occupavano, giusto? Di conseguenza, nella misura in cui disponiamo di un sistema automatizzato che se ne occupa e possiamo essere più efficienti e precisi, mitighiamo il rischio ma soprattutto liberiamo capitale umano, consentendo alle persone che vi erano dedicate non soltanto di interagire meglio con il cliente, ma teoricamente di essere proattive nell’identificare e affrontare questioni e problematiche. Per quanto ci riguarda, direi che siamo nelle fasi iniziali del nostro programma di robotica, ma che a questo punto abbiamo sviluppato parecchi processi robotizzati.

Scott Parker: Esistono altre aree dell’attività svolta da un fornitore di servizi pensionistici per i propri sponsor, consulenti, partecipanti, sulle quali ritieni che le soluzioni in questione avranno un impatto maggiore rispetto ad altre?

Ed Murphy: Penso che siano a livello di catena del valore. Ne sono convinto. Per esempio, dobbiamo ridurre il tempo di ciclo e a proposito, sfiderò il mio team dicendo “Guardate, tre o quattro anni fa, in un particolare segmento, avremmo registrato vendite per 4 miliardi di dollari. Oggi abbiamo vendite per 9 [miliardi]. Da qui a quattro anni, registreremo vendite di trasferimento per 21-22 miliardi di dollari. Il processo di implementazione e il processo di arruolamento per sostenere volumi di questo tipo non possono essere identici. È necessario un cambiamento fondamentale per soddisfare le attese dei clienti e farlo ovviamente in modo efficiente. Direi quindi che stiamo affrontando la cosa sotto ogni aspetto. Per rispondere alla tua domanda, dall’arruolamento al servizio offerto, alle relative componenti a livello di distribuzione. Assolutamente. E in alcuni casi, abbiamo un partner esterno che ci aiuta a raggiungere tale obiettivo.

Scott Parker: E per quanto riguarda l’area di tenuta dei registri, quanto è maturo il settore per un’innovazione a livello di piattaforma core di tenuta dei registri?

Ed Murphy: Questa è davvero una buona domanda. Credo che la maggior parte del settore si serva ancora di mainframe, giusto? Una tecnologia vecchia di 30 anni. Parliamo quindi di sistemi tradizionali, dai quali siamo gravati, sommersi da parecchi livelli di middleware. Oggi bisogna muoversi nello spazio basato su server, dico bene? Sposteremo quindi l’85% delle nostre applicazioni sul cloud. E per farlo, se abbiamo capacità elevata, o domanda elevata, non dobbiamo fare altro che aggiungere un altro server, corretto? Intendo dire che la cosa è piuttosto facile. Penso che sia davvero importante rispondere ai cambiamenti sul mercato ed essere in grado di sostenere la crescita. Bisogna sapersi adeguare. Sono convinto che tutti questi sistemi tradizionali possano essere onerosi e dimostrarsi un problema per gli attuali operatori consolidati sul mercato che intendono adottare anche soltanto in parte le tecnologie. Dico bene?

Scott Parker: Jenny, parlaci della blockchain.

Jenny Johnson: Penso che il problema nel caso della blockchain sia il fatto che è considerata un sinonimo di criptovaluta. Dimentichiamo la criptovaluta e pensiamo alla blockchain come a un semplice certificato digitale di proprietà, chiaro? Se ci limitiamo a pensarla come un semplice certificato digitale di proprietà, può essere qualsiasi cosa. E quanto alle ragioni che, in ultima analisi, inducono le persone a usare la blockchain, direi che ve ne sono tre.

Il  blocco è costituito da tutte le parti coinvolte nella transazione. Inizialmente ha goduto di pessima fama perché associata a un genere comportamenti negativi. Ciò è avvenuto perché non esistevano processi AML [anti-riciclaggio], di identificazione KYC [conosci il tuo cliente] nel creare il criptoportafoglio in cui rientra il block, ma ciò sta scomparendo. Cominciamo a vedere che chiunque abbia accesso a tale tipo di blockchain deve sottoporsi a un processo. E una volta superata la fase KYC, rimane un legame perpetuo a quella componente della transazione. Di conseguenza, nella blockchain ogni blocco resta legato alla transazione. E questo è un aspetto. In secondo luogo, visto che hai citato la cybersicurezza, la realtà è destinata a costituire il reale problema.

Ed essendo la blockchain un libro mastro distribuito, la fonte della verità è distribuita in una serie di luoghi. Potrebbero essere 1.000, o 100. Di conseguenza, nel caso di una violazione sul piano della cybersicurezza, la buona notizia è che rimane una serie di altre fonti di verità. Questa caratteristica diventa una buona difesa dal punto di vista della cybersicurezza. Penso quindi che si prospettino tempi molto più rapidi per effettuare le transazioni.

Cominciamo a osservare una serie di sistemi pilota perché tutti cercano di trovare una soluzione pratica. Alla fine accadrà che quasi d’improvviso questi sistemi pilota cominceranno a funzionare, collegandosi tra loro e la gente dirà “Wow, e questo da dove salta fuori?”. Tuttavia è difficile prevedere in quale fase del processo avverrà la svolta in cui i vari sistemi pilota si riveleranno improvvisamente un grosso affare. Penso proprio che questa sia una cosa straordinaria.

Scott Parker: Ed, per quanto riguarda la blockchain nell’ambito dei sistemi pensionistici, a che punto siamo, siamo arrivati a quella svolta oppure siamo ancora distanti un paio d’anni?

Ed Murphy: Penso che siamo ancora nella fase di costruzione iniziale, ma per quel che ci riguarda vorremmo attendere un’ulteriore maturazione. Sul piano della sicurezza e della trasparenza, immagino il sistema come un intermediario che inoltra le operazioni, oppure le vedo in un certo qual modo come un’entità simile a noi, che elabora le operazioni, le riconcilia, ne cura la compensazione, accorciando l’intero processo. E in questo modo, si elimina teoricamente l’intermediario, giusto? Non dovremmo quindi preoccuparci tanto del fornitore o dell’integrità dei dati come facciamo oggi, per esempio. Penso quindi che si tratti di un fenomeno destinato a durare nel tempo. Ovviamente, si stanno facendo dei progressi piuttosto significativi nell’area dei sistemi bancari e dell’elaborazione dei pagamenti e penso che noi, che operiamo nel campo della tenuta dei registri di dati tecnologici, dovremo attendere applicazioni reali. Non intendiamo procedere a un’adozione immediata e totale, ma stiamo monitorando e valutando l’evolversi della situazione. Intendiamo attendere un ulteriore grado di maturazione.

Scott Parker: Jenny, ritieni che il fintech in generale sia una minaccia o un’opportunità?

Jenny Johnson: La tecnologia non è che una parte della nostra vita quotidiana. Il fatto è che lo sviluppo non è lineare, in termini di cambiamenti e stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale. Di conseguenza, se non pensassimo a come cavalcare l’onda, potremmo percepirla come una minaccia. Ci offre anche l’opportunità di supportare i nostri clienti a un livello che non siamo mai riusciti a raggiungere prima, in termini di personalizzazione. Si tratta quindi di un’enorme opportunità.

Ed Murphy: Sì, sono d’accordo. La vedo più come un’opportunità per migliorare e rafforzare la proposta di valore. Ma penso che dobbiamo essere agili e rapidi nel valutare alcune di queste capacità e individuare dove vi siano opportunità che rafforzino realmente l’offerta al cliente. Spesso si tratta di collaborare o acquisire capacità, anziché cercare di costruirle internamente.

Conduttore/Richard Banks: Si conclude così questa edizione di Talking Markets con Franklin Templeton. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito e per aver ascoltato. Se hai apprezzato queste analisi e desideri maggiori informazioni, controlla il nostro archivio degli episodi precedenti e abbonati su iTunes, Google Play o qualunque altro fornitore di podcast. Ti diamo appuntamento alla prossima occasione, in cui illustreremo altre analisi elaborate dai nostri professionisti dell’investimento sul campo. Arrivederci!

 

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