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Obbligazionari

La saga Brexit fa i conti con i blocchi commerciali

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Il Regno Unito è uscito ufficialmente dall’Unione Europea nel gennaio di quest’anno, ma la saga Brexit ha lasciato aperte alcune questioni e cioè le relazioni commerciali. David Zahn, Head of European Fixed Income, valuta le probabilità di un mancato accordo entro la fine dell’anno e le ripercussioni di tale prospettiva sui mercati.

Il Regno Unito ha votato per uscire dall’Unione europea (UT) da più di quattro anni e il processo è stato lungo e complicato. I legami con l’UE sono stati ufficialmente interrotti a gennaio, ma le due parti devono ancora costruire il loro nuovo rapporto in molti settori prima della scadenza di fine anno, tra i quali il commercio, l’immigrazione, il confine irlandese, i diritti dei cittadini e l’accesso alla pesca.

A nostro avviso, le trattative continueranno probabilmente fino agli ultimi giorni dell’anno, anche se i leader di entrambe le parti hanno fissato diverse date per chiudere un accordo nelle prossime settimane. Gli sviluppi sulla Brexit rimangono estremamente mutevoli ed entrambe le parti stanno opponendo resistenze alle richieste dell’interlocutore. In assenza di un’intesa entro la fine dell’anno, l’aspetto forse più importante – ossia il commercio – violerebbe le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Entrambe le parti temporeggiano e dimostrano una scarsa flessibilità. È significativo che il Regno Unito sia riuscito a firmare un accordo di libero scambio con il Giappone – il primo siglato come nazione commerciale indipendente. Secondo il governo britannico l’accordo apporterà benefici alla sua economia per 1,5 miliardi di sterline.[1] È quindi evidente che gli accordi commerciali potrebbero chiudersi in modo abbastanza rapido.

Nodi fra Regno Unito e UE

L’UE e il Regno Unito non stanno negoziando come due paesi indipendenti. L’UE sembra enfatizzere i legami passati, ma la volontà del Regno Unito di esercitare i suoi diritti sovrani è giustificata: è infatti questa la ragione primaria per la quale i britannici hanno scelto di uscire dall’UE.

I diritti di pesca hanno rappresentato un elemento di forte criticità: entrambe le controparti intendono accaparrarsi le risorse ittiche che popolano le acque del Regno Unito. Fino alla fine dell’anno, il Regno Unito rimane vincolato dalla politica comune della pesca dell’UE, che consente ai pescherecci europei di accedere alle acque del Regno Unito oltre il confine costiero di 12 miglia nautiche. Il governo britannico vuole assumere un maggiore controllo sulle sue acque, e naturalmente sulla pesca.

Un’altra questione importante riguarda il confine irlandese. Il primo ministro britannico Boris Johnson ha recentemente presentato un disegno di legge sul mercato interno che, in sostanza, definisce l’Irlanda del Nord come parte integrante del Regno Unito. Per contro, l’accordo di ritiro dell’UE stabilisce invece che non può esistere un confine tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. Si è quindi dibattuto se tale disegno di legge violi o meno il diritto internazionale. Johnson ha difeso il diritto del Regno Unito di rescindere l’accordo, sostenendo la mancanza di “buona fede” nella posizione dell’UE che ha minacciato di bloccare le importazioni di prodotti alimentari.

Poiché queste e altre questioni rimangono irrisolte, a nostro giudizio le probabilità di una “Brexit no-deal” si rafforzano. Alla luce di tali elementi, molti investitori potrebbero valutare la copertura dei gilt britannici, la sterlina continuerà verosimilmente a subire pressioni e gli spread di rendimento tenderanno ad ampliarsi per le obbligazioni corporate in sterline. Ciò detto, riteniamo che le reazioni del mercato saranno probabilmente di breve durata e che entro la fine dell’anno potrebbe vedere la luce un accordo essenziale, avente ad oggetto le sole merci, per consentire il commercio fra UE e Regno Unito ed escludere alcuni dei peggiori impatti potenziali.

Impatto economico

Il governo del Regno Unito sembra prepararsi ad affrontare un’uscita senza accordo che, se dovesse concretizzarsi, potrebbe assestare un altro colpo a un’economia già devastata dal COVID-19.

La pandemia ha già fatto molti danni in tutta Europa, quindi l’impatto non sarà così significativo in termini numerici ma non è certo positivo. Una Brexit senza accordo e la mancata osservanza delle norme dell’OMC causeranno probabilmente ulteriori interruzioni nelle catene di approvvigionamento. Ci saranno probabilmente più controlli alle frontiere, le procedure diventeranno più macchinose e aumenterà l’incertezza. Ad esempio, la Francia potrebbe decidere di ispezionare ogni camion che attraversa i suoi confini, mentre il Regno Unito potrebbe consentire il libero ingresso di tutti i tir, o viceversa.

Adottando le regole dell’OMC, aumenteranno le frizioni commerciali e probabilmente i dazi. Aumentano anche la burocrazia e i documenti necessari a far entrare e uscire le merci. A causa di questo carico extra di burocrazia, sarà difficile mantenere l’attuale livello di (liberi) scambi tra il Regno Unito e l’UE, che ha portato benefici ad entrambe le economie.

Date queste incertezze, la vulnerabilità dell’economia britannica potrebbe persistere fino all’inizio del 2021. I tassi di interesse tenderanno a rimanere bassi, i rendimenti obbligazionari a lungo termine dovrebbero scendere e la Bank of England potrebbe rafforzare il quantitative easing per evitare di mettere a rischio la crescita.

Il punto della questione è che nessuna delle due parti agisce razionalmente, per ragioni diverse. Ripeto sempre che una trattativa equa non si chiude mai con la piena soddisfazione delle due controparti, perché nessuna di loro ottiene tutto ciò che desiderava. Capiremo se accadrà una volta che si chiuderà questo capitolo della saga Brexit.

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[1] Fonte: Comunicato stampa del Governo del Regno Unito, 11 settembre 2020.