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Obbligazioni high yield: L’impatto dell’inflazione

Il nostro team del credito corporate high yield monitora l’impatto dell’inflazione su diversi settori del mercato in base a quattro aspetti: inflazione dei costi dei fattori produttivi, pricing power, impatto sugli utili e vulnerabilità al repricing. Matt Fey e Brian French cercano di stabilire quali settori potrebbero essere più colpiti rispetto a questi elementi e perché il credito corporate in generale dovrebbe essere in grado di sostenere discretamente l’inflazione. 

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Da qualche tempo l’inflazione è oggetto di accesi dibattiti, e non a caso. Negli ultimi mesi i dati sull’incremento dei prezzi sfiorano livelli memorabili. Tuttavia le statistiche più recenti sembrano indicare un certo raffreddamento: i prezzi di diverse commodity sono ben lontani dai massimi, l’economia e i mercati della Cina sono in continua evoluzione, la variante Delta del COVID-19 frena l’attività economica e le tensioni geopolitiche montano. Di certo non mancano elementi in grado di rallentare o moderare l’inflazione. Gli investitori possono dunque mettere da parte i timori inflazionistici e volgere lo sguardo altrove? A nostro avviso sarebbe una mossa prematura ed è bene mantenere prudenza circa i possibili effetti dell’inflazione su diverse asset class.

Il contesto attuale si distingue in particolare per l’inflazione generalizzata dei costi produttivi (dalle materie prime alla logistica, ai trasporti, alla forza lavoro) e per la carenza di prodotti semilavorati come i semiconduttori. Inoltre la domanda repressa liberata dalla riapertura delle economie e la mole di risparmi dei consumatori danno alle aziende un insolito pricing power.

Il nostro team del credito corporate monitora da tempo gli annunci sugli utili, i commenti dei management e i dati di settore al fine di valutare la portata dell’inflazione e le possibili implicazioni per il mercato delle obbligazioni societarie high yield USA. Sulla base di tale analisi si possono fare alcune previsioni:

  • Anche in caso di moderazione dell’inflazione, il brusco rialzo degli ultimi mesi avrà ripercussioni per diversi mesi e trimestri a venire.
  • Alcuni settori potrebbero risentire più di altri del rincaro dei fattori produttivi.
  • Nel complesso, il credito corporate high yield USA dovrebbe riuscire a sostenere discretamente l’inflazione nella maggior parte degli scenari.

Analizziamo questi punti più da vicino.

Il recente rialzo dell’inflazione si ripercuoterà probabilmente sui prossimi trimestri. Stando alle dichiarazioni dei management circa gli utili del secondo trimestre 2021, in generale le pressioni sui costi dei fattori produttivi non sono diminuite e anzi in molti casi sono aumentate rispetto ai primi mesi dell’anno. Ad esempio, diverse case automobilistiche hanno segnalato disagi maggiori del previsto legati alla carenza di semiconduttori, un rincaro dei costi di trasporto e logistica e prezzi elevati delle materie prime. Il problema dei semiconduttori avrebbe dovuto risolversi nella seconda metà dell’anno, ma ora sembra che l’offerta resterà scarsa sino al 2022. Nel settore chimico gli effetti della tempesta invernale Uri continuano a limitare la disponibilità di plastica, utilizzata come semilavorato in diversi prodotti, e l’impatto dell’uragano Ida minaccia di esacerbare la situazione.

Al contempo, i costi di spedizione continuano ad aumentare in ragione della mancanza di impianti interni e di forza lavoro, nonché della chiusura dei porti internazionali e della carenza di lavoratori a causa del COVID-19 con conseguenti ritardi e intoppi nella consegna dei container. La carenza di forza lavoro a livello nazionale potrebbe diminuire nel breve periodo in vista del termine dei benefit di disoccupazione e del ritorno degli studenti a scuola, ma i costi di spedizione e logistica rimarranno probabilmente molto elevati almeno sino alla fine del quarto trimestre di quest’anno.  Tale previsione si basa sulla domanda e sui tentativi dei rivenditori di ripristinare scorte ormai esigue in vista delle vacanze, ma anche sui continui effetti degli sconvolgimenti a livello internazionale.

Per attenuare l’impatto sui margini le aziende puntano molto sul pricing, oltre che su misure per ottimizzare la produttività e abbattere i costi. In alcuni settori le società hanno stipulato contratti che consentono di trasferire il rincaro dei fattori produttivi ai clienti, ma spesso gli incrementi di prezzo vengono applicati con un po’ di ritardo. Altre società hanno messo a punto piani per aumentare i prezzi su più mesi e/o trimestri al fine di non gravare troppo sui clienti o rischiare uno shock della domanda.  All’annuncio dei risultati del secondo trimestre, diverse aziende hanno dichiarato di avere già operato uno o più rialzi dei prezzi, alcune di avere in programma altri rincari e altre di volere alzare i prezzi solo in caso di necessità. Tali incrementi si ripercuoteranno lungo la filiera per almeno uno o due trimestri e in alcuni casi interesseranno anche il 2022.

Alcuni settori potrebbero risentire più di altri del rincaro dei fattori produttivi. Per provare a capire come se la caveranno i vari settori high yield in questa fase di inflazione, abbiamo valutato i seguenti fattori:

  • Inflazione dei fattori produttivi: L’impatto delle pressioni inflazionistiche su materie prime, trasporti e forza lavoro, nonché della carenza di prodotti semilavorati come i semiconduttori.
  • Pricing power: La capacità degli emittenti di compensare il rincaro dei fattori produttivi tramite un rialzo dei prezzi.
  • Impatto sugli utili: Il presumibile impatto dell’inflazione dei fattori produttivi al netto dell’aumento dei prezzi sulla redditività. Tale valutazione tiene conto del livello di pricing power e delle possibili differenze temporali nel trasferimento del rialzo dei costi di produzione ai prezzi di vendita.
  • Vulnerabilità al repricing: La sensibilità del settore a un repricing delle obbligazioni derivante dall’impatto dell’inflazione dei fattori produttivi sugli utili, in considerazione degli attuali livelli di trading.

L’analisi rivela che determinati settori come auto, beni di consumo, alimentari e bevande e vendite al dettaglio potrebbero risentire più di altri di un repricing negativo delle obbligazioni. Per contro, settori come energia (esplorazione e produzione) ed estrazione metallurgico-mineraria dovrebbero beneficiare del rincaro delle commodity e nel contesto attuale presentano un potenziale di repricing al rialzo maggiore di quello al ribasso.

Nel complesso, il credito corporate high yield USA dovrebbe riuscire a sostenere discretamente l’inflazione nella maggior parte degli scenari.

Abbiamo valutato ciascun settore utilizzando questa metodologia e prendendo in considerazione le ponderazioni in seno all’ICE BofA US High Yield Constrained Index e abbiamo constatato che l’indice investe per oltre il 50% in settori poco sensibili al repricing e per il 20% in aree che trarrebbero vantaggio da un aumento dei prezzi delle commodity.1 Appena il 25% circa dell’indice è rappresentato da settori molto esposti a un repricing indotto da pressioni inflazionistiche, e solo una piccola percentuale corre un rischio di repricing estremamente elevato. Sottolineiamo che alcune di queste aree possono beneficiare di altri tipi di compensazione, ad esempio un aumento dei volumi in grado di moderare il rischio di repricing derivante dall’inflazione dei costi produttivi.

Riteniamo pertanto che le obbligazioni societarie high yield USA risentiranno solo in misura minore del previsto impatto dell’inflazione di costi produttivi e della debolezza dei fondamentali creditizi, ma crediamo si possa trarre vantaggio da un’attenta ponderazione settoriale e dalla selezione dei titoli.

Occorre inoltre tenere conto di quanto l’asset class risentirebbe di un rialzo dei rendimenti dei Treasury causato da dati sull’inflazione superiori alle attese. A nostro avviso gli spread del segmento high yield USA hanno margine di contrazione e sono in grado di assorbire un moderato aumento dei rendimenti dei Treasury considerando che i differenziali sono ancora lontani dai minimi storici in tutte le fasce di rating e che il tasso di default rimarrà probabilmente molto modesto almeno per tutto il 2022.

Quali sono i rischi?

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